lunedì 4 giugno 2007

IPOTECA GIUDIZIALE


Ho aperto questo blog per discutere la costituzionalità del diritto di famiglia nella parte in cui consente l'iscrizione di ipoteca giudiziale sull'immobile dell'obbligato al pagamento dell'assegno di mantenimento in caso di separazione o divorzio (art. 156 c.c. 5° comma). In tale fattispecie, a mio avviso, viene violato il diritto costituzionalmente garantito alla persona di difesa o di opposizione davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Infatti non occorre neanche una minima valutazione giudiziale per bloccare il patrimonio del marito, anzi, la titolare dell'assegno di mantenimento può iscrivere l'ipoteca anche in assenza di alcuna inadempienza poiché la sentenza di separazione (o l'omologa del Tribunale) e' titolo esecutivo valido ex lege per iscrivere una ipoteca giudiziale in assenza di ogni controllo di legittimità. Una volta iscritta, oltre agli effetti negativi sul patrimonio, come l'impossibilità di vendere l'immobile, si viene automaticamente iscritti al CRIF (centrale del rischio finanziario) con pubblicità negativa interbancaria e conseguente etichetta di "cattivo pagatore" e congelamento dei prestiti. Forse prima di parlare di PACS è meglio valutare la situazione dei mariti e dei padri in questo assetto legislativo obsoleto e squilibrato...

venerdì 26 gennaio 2007

DUBBI DI INCOSTITUZIONALITA' NEL DIRITTO DI FAMIGLIA

LA TUTELA LEGALE DELLA “PARTE DEBOLE”
ANCHE SE OGGI NESSUNO SA PIU’ QUAL E’…

Forse molti di voi non sanno cos’è un TITOLO ESECUTIVO. In effetti neanche io lo sapevo fino a qualche anno fa, quando un giorno mi telefonò il direttore della banca informandomi che era pervenuta notizia circa l’iscrizione di un’ipoteca giudiziale del valore di 425.000 euro gravante sul mio immobile. Questo avveniva tre anni or sono e ricordo che quasi caddi dalla sedia. Con il batticuore chiesi da cosa derivava questa iscrizione, sapendo che non poteva essere che un errore, ero perfettamente a conoscenza che non avevo debiti o quant’altro che potessero giustificare un’ipoteca giudiziale e tanto meno di quel valore, credevo, nella mia “ignoranza”, in modo più o meno sommario, che un atto di tale portata economica non potesse che derivare da un giudicato a seguito di gravi omissioni a pagamenti o giù di lì. Questa convinzione si sgretolò in un attimo alla risposta del direttore della banca: l’iscrizione pregiudizievole era stata posta in essere da mia moglie da cui ero separato da diversi anni e il titolo utilizzato era il decreto di omologa di separazione che mi condannava a pagare 1.000 euro al mese vita natural durante (assegno di mantenimento). Ho contattato immediatamente mia moglie e le ho chiesto il perché di tale iscrizione. Ella mi ha informato di non aver ricevuto una mensilità dell’assegno di mantenimento e che vi era un ritardo di alcuni giorni della mensilità successiva. Stupito di questo disguido, avendo dato ordine di bonifico permanente alla Banca ormai da anni, ho chiesto spiegazioni ed è risultato che per “cause tecniche” il sistema informatico della Banca non aveva dato seguito all’ordine di bonifico per le due mensilità in questione. Ho provveduto immediatamente a pagare il dovuto, mi sono scusato per l’errore occorso, ho chiesto a mia moglie di togliere l’iscrizione che in quel momento mi causava enormi danni economici poiché ero in procinto di vendere la casa e ne avevo già acquistata un’altra da ristrutturare. Lei ha sempre rifiutato sostenendo il diritto di garanzia del suo credito stabilito dalla legge, numerose inadempienze del sottoscritto e il periculum in mora, che in altri termini significa che sono uno scellerato che dilapida il proprio patrimonio che sarebbe la garanzia del suo mantenimento. Ovviamente tutto dimostratamente falso. Questa breve premessa è utile per consentire alcune riflessioni. Non voglio entrare nel merito delle leggi anacronistiche che alimentano la “fabbrica del diritto di famiglia”, utile ai tanti patrocinatori che si dicono economicamente sofferenti in un mercato troppo sovraffollato; alle decine di migliaia di euro spesi per far cancellare l’ipoteca in cause in primo grado, Appello, e chissà, anche in Cassazione; ai problemi che mi sono derivati nei rapporti con le banche poiché, seppur incolpevole, risulto iscritto alla Centrale del Rischio Finanziario e sui registri nazionali delle iscrizioni pregiudizievoli di conservatoria; del danno alla mia immagine personale e professionale essendo io un libero professionista; alla qualità della vita che ha subito un importante scadimento in relazione alle spese che ho dovuto subire e al restringimento della liquidità che si è sommata all’impossibilità di accedere al credito bancario, pur essendo stato sempre perfettamente adempiente alle obbligazioni assunte; alla rabbia e alla sofferenza morale che non è mai venuta meno; al tradimento ormai lampante degli “amici” un tempo “principi del foro”; agli anni trascorsi negli studi legali e nei Tribunali in attesa di una giustizia dai tempi biblici; …no, non voglio entrare nel merito di questo, chi legge poterebbe eccepire sulla veridicità del racconto, considerare aleatorie le informazioni, oppure ritenere questo un mero sfogo di chi forse ha subito un’ingiustizia. Desidero invece ragionare su dati reali, sulla legge italiana e sul titolo esecutivo dall’origine, ovvero su fatti certi di legge attuale e vigente. Legge applicabile a chiunque, a torto o a ragione. Se siete separati o divorziati e avete un obbligo di mantenimento, in analoghe condizioni la legge si comporterà con voi in questo modo: sarete immediatamente condannati senza alcuna possibilità di difesa o di opposizione e nulla importerà se avete ragione: la vostra signora deve essere garantita prima di tutto perché parte debole e poi se ne potrà discutere.
Una moglie titolare di un assegno di mantenimento può, con il decreto di omologa del Tribunale della separazione ex art. 156 c.c. comma 5°, iscrivere direttamente ipoteca giudiziale sull’immobile dell’obbligato, non è tenuta a darne alcuna comunicazione all’interessato né a costituirsi in mora o notificare alcunché. Il decreto di omologa è titolo esecutivo dalla sua origine ex art 474 c.p.c. n. 1, e quindi titolo valido per iscrivere ipoteca giudiziale in totale assenza di controllo da parte di un giudice.
E’ sufficiente che la moglie si rechi all’Ufficio dei Registri Immobiliari territorialmente competente con l’omologa del Tribunale e, in assenza di alcuna tassazione, altra garanzia concessa a tutela della “parte debole”, iscrivere un’ipoteca giudiziale del valore che ritiene opportuno: nel mio caso la moglie ha ritenuto opportuno garantirsi per 425.000 euro (!). Il legislatore ha inteso tutelare il soggetto debole garantendo un rapido e non costoso intervento cautelare speciale sui beni dell’obbligato IN CASO DI INADEMPIENZA, ma non essendoci alcun controllo giudiziale di merito, è possibile per chiunque iscrivere ipoteca giudiziale, anche senza alcuna inadempienza o volontà di inadempienza, come nel mio caso.
Cosa succede se la moglie rifiuta di cancellare l’iscrizione pregiudizievole? Occorre adire per le vie legali e ovviamente sopportarne i tempi e i costi. Due anni per una sentenza in primo grado che condanna alla cancellazione. Ma non finisce qui. Con la sentenza di condanna alla cancellazione con dichiarazione di immediata esecutività mi sono recato alla Conservatoria dei Registri Immobiliari e, udite udite, il Conservatore si è rifiutato di cancellare l’ipoteca, in quanto occorre che la sentenza sia passata in giudicato ex art. 2884 c.c. e, manco a dirlo, la moglie è ricorsa in Appello (l’ipoteca in questione, dichiaratamente iscritta a scopo ricattatorio in periodo pre-divorziale, appartiene alla serie - te – la - tolgo – se - mi - dai…). Così, grazie all’omologa della separazione che è un TITOLO ESECUTIVO fin dall’origine, il sottoscritto, perfettamente adempiente e ricattato dalla moglie, sopporta un’iscrizione pregiudizievole da tre anni, senza alcuna possibilità di agire in tempi rapidi contro la condizione illegittima che si è determinata, con la prospettiva di vederne altri passare prima che venga riconosciuto (forse) il danno cagionato dall’abuso del diritto soggettivo azionato e poi perpetrato anche in Appello a scopo dilatorio, dall’aver agito in totale assenza dei fondamentali principi della buona fede e solidarietà, dall’animus nocendi o aemulandi della moglie, dall’aver arrecato al sottoscritto un danno talmente sproporzionato in relazione all’utilità che a lei ne sarebbe derivata…Una storia di diritti umani violati e ingenti danni sopportati per anni causati dall’essere stato immediatamente condannato (da mia moglie, giudice unico e decisamente parziale) senza aver mai avuto la possibilità di difendermi, senza alcuna valutazione giudiziale, senza almeno una sommaria cognizione (come almeno avviene nei già criticati, poiché iniqui, decreti ingiuntivi concessi inaudita altera parte dei procedimenti cautelari ex art. 642 c.p.c.), senza la possibilità di intervenire, una volta accertata l’insussistenza dell’inadempimento e della volontà di inadempimento, sulla situazione antigiuridica per il veto posto dall’art. 2884 c.c..
Si è in questo modo determinato un enorme sbilanciamento giuridico a favore del se-dicente creditore contro le ragioni del debitore che non ha mai potuto presentare le sue difese e che deve sopportare per anni i pesanti effetti patrimoniali dell’atto pregiudizievole palesemente illegittimo.

La Costituzione, all’articolo 111, richiama al dovere di garantire a tutti il giusto processo e così recita: ”la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”.

Sembra che il diritto di famiglia sia del tutto avulso a questi richiami e alle fondamentali disposizioni a garanzia dei diritti umani. Si può iscrivere ipoteca giudiziale senza alcun “giusto processo”, anzi, il giudice non compare e la domanda giudiziale “difetta d’interesse” in quanto l’omologa è titolo esecutivo (giudiziale). Tale omologa, là dove previsto, è certamente una sentenza di condanna al pagamento di somme, ma non è una sentenza di condanna a somme dovute e non corrisposte! Mi domando come possa essere ancora vigente una legge tanto garantista della parte debole che, a vedere bene, tanto debole non è. Anzi, l’anacronismo delle leggi che regolano il diritto di famiglia fanno ben intravedere il ribaltamento delle parti e oggi, sempre più spesso, diventa parte debole l’obbligato al mantenimento e io ne sono un bell’esempio. Si è passati nel tempo da un estremo all’altro, senza aver trovato, né cercato, il giusto equilibrio che oggi non può che essere insito nella ricerca e nel sostegno dell’AUTONOMIA delle persone, siano esse di genere femminile o maschile, nel pieno rispetto delle norme costituzionali tanto spesso invocate e altrettanto spesso tradite.

RICERCA GIURIDICA E GIURISPRUDENZIALE

La violazione dei diritti costituzionalmente garantiti
nel diritto di famiglia

L’IPOTECA GIUDIZIALE NELLA SEPARAZIONE E DIVORZIO

1) IL DECRETO DI OMOLOGA DELLA SEPARAZIONE, O LA SENTENZA DI DIVORZIO, SONO TITOLO ESECUTIVO VALIDO PER L’ISCRIZIONE DI IPOTECA GIUDIZIALE.

Il decreto di omologazione della separazione ha efficacia di titolo esecutivo, ai sensi dell’art 474 n. 1 c.p.c. relativamente alle somme di denaro in esso contenute e, quindi, consente l’esecuzione forzata contro il coniuge debitore inadempiente; esso è altresì idoneo all’iscrizione dell’ipoteca giudiziale.

2) NON E’ NECESSARIO RICORRERE AL GIUDICE PER ACCERTARE L’INADEMPIMENTO E IL DIRITTO ALL’ISCRIZIONE IPOTECARIA.

Poiché il verbale di separazione dei coniugi, ritualmente omologata, costituisce titolo esecutivo in ordine alle obbligazioni in esso fissate, difetta di interesse la domanda giudiziale rivolta a conseguire una pronunzia di accertamento e di condanna all’adempimento di dette obbligazioni (App. Bologna 9 maggio 1946, in Foro It. Rep. 1947, voce separazione dei coniugi, 92; App Bari 31 dicembre 1969. In Giur. It. 1969. I, 2, 888; Cass. 9 marzo 1978 n. 1188, in Giust. Civ. Mass. 1978, fasc. 3., Cass., 20/11/1991, n. 12428 – Nuova Giur. Civ., 1992, I, 231, nota di Quadri).

3) IL DECRETO DI OMOLOGA DELLA SEPARAZIONE, O LA SENTENZA DI DIVORZIO, SONO TITOLO ESECUTIVO EX LEGE DALL’ORIGINE E VALIDI PER L’ISCRIZIONE DI IPOTECA GIUDIZIALE.

Il quattordicesimo comma dell’art. 4 L. div., sancisce che il capo della sentenza divorziale relativo ai provvedimenti di natura economica è dichiarato provvisoriamente esecutivo “ex lege”. Secondo la dottrina, trattandosi di disposizione di carattere processuale, essa non può che estendersi al giudizio di separazione ex art 23 della legge 74/1987.
Il quinto comma dell’ art 156 c.c. e il secondo comma dell’art. 8 L. div. stabiliscono che le sentenze di separazione e di divorzio costituiscono titolo per la iscrizione di ipoteca giudiziale ai sensi dell’art 2818 c.c. richiamato in entrambe le norme.

4) L’IPOTECA GIUDIZALE PUO’ ESSERE ISCRITTA PER IL VALORE CHE VIENE INDICATO DAL CREDITORE, LA LEGGE NON IMPONE ALCUN CRITERIO O LIMITE.

L’iscrizione di ipoteca giudiziale in base alla sentenza attributiva dell’assegno di mantenimento, che la legge prevede ma senza indicare alcun criterio per la determinazione della somma, può essere fatta per la somma indicata dal coniuge creditore (art. 2838 c.c.) con la possibilità del coniuge debitore di chiederne la riduzione con ricorso al giudice, il quale non gode di discrezionalità piena, ma deve applicare criteri che facciano riferimento ad elementi obiettivi, quali le tabelle previste da r.d. 9/10/1922 n. 1403 per la costituzione delle rendite vitalizie immediate (Cass. 29/10/1980, n 679 – Giust. Civ., 1980. I, 1342; App. Bologna, 7 maggio 1976 – Foro It., Rep. 1978, 1366, 6).

5) L’ISCRIZIONE IPOTECARIA DERIVANTE DA CREDITI DI MANTENIMENTO E’ ESENTE DA OGNI FORMA DI TASSAZIONE.

L’articolo 19 della legge n. 74\1987, stabilisce la esenzione da ogni imposta e tassa, per tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al divorzio.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 154 del 10 maggio 1999, in merito al detto articolo 19 definisce che gli atti esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa, con riferimento a qualsiasi imposizione tributaria, riguardano sia gli atti relativi alla separazione che quelli relativi al divorzio.
Peraltro già la Corte aveva dichiarato l’illegittimità del medesimo articolo nella parte di esso che non estendeva il trattamento di favore ai provvedimenti di iscrizione di ipoteca a garanzia delle obbligazioni a carico del coniuge separato: sentenza n. 176 del 15 aprile 1992 in Rivista di diritto finanziario e Scienza delle Finanze, marzo 1993, II,3, con commento di F. Formica, il quale, argomentando ex art.23 primo comma delle legge n.74\1987, riteneva già attuata con la detta sentenza la uniformità del trattamento fiscale e la applicazione della esenzione ad ogni tributo.

6) LA VALUTAZIONE DEL CREDITORE CIRCA LA SUSSISTENZA DEL PERICOLO DI INADEMPIMENTO AI FINI DELL’ISCRIZIONE IPOTECARIA RESTA SINDACABILE NEL MERITO DA PARTE DEL GIUDICE.

La valutazione del coniuge creditore, ai fini dell’iscrizione ipotecaria, circa la sussistenza del pericolo della sottrazione del debitore agli obblighi su lui gravanti, resta sindacabile nel merito, per cui la relativa mancanza, originaria o sopravvenuta, determina, venendo appunto meno lo scopo per cui la legge consente il vincolo, l’estinzione della garanzia ipotecaria già prestata e, di conseguenza, il sorgere del diritto del coniuge obbligato di ottenere dal giudice, dietro accertamento delle condizioni anzidette, l’emanazione del corrispondente ordine di cancellazione, ai sensi dell’art 2884 c.c.. Invero il coniuge , separato o divorziato, beneficiario per sé o per i figli di assegno di mantenimento a carico dell’altro coniuge, può iscrivere ipoteca giudiziale sui beni immobili dell’obbligato, sempre che vi sia pericolo di inadempimento da parte di quest’ultimo, sicché proprio l’accertata mancanza, anche sopravvenuta, di tale pericolo comporta l’estinzione della garanzia ipotecaria. La (Cass., 6/7/2004, n. 12309 . Foro It.., 2005, I, , 174).

7) L’ISCRIZIONE DI IPOTECA GIUDIZIALE SUI BENI DELL’OBBLIGATO COMPORTA L’AUTOMATICA ISCRIZIONE PRESSO I PUBBLICI REGISTRI INTERBANCARI.

Le conservatorie trasmettono i nominativi alla Centrale del Rischio Finanziario (CRIF) della Banca d’Italia di tutti coloro che sopportano una iscrizione pregiudizievole. Tale pubblicità interbancaria comporta lo status di “cattivo pagatore” e la conseguente interdizione all’accesso al credito bancario oltre a danni all’immagine personale e professionale per i liberi professionisti.

8) L’IPOTECA GIUDIZIALE PUO’ ESSERE CANCELLATA ESCLUSIVAMENTE CON SENTENZA PASSATA IN GIUDICATO AI SENSI DELL’ART. 2884 C.C.

Art. 2884 Cancellazione ordinata con sentenza
La cancellazione deve essere eseguita dal conservatore quando è ordinata con sentenza passata in giudicato (Cod. Proc. Civ. 324) o con altro provvedimento definitivo emesso dalle autorità competenti (Cod. Proc. Civ. 586).

Art. 324 Cosa giudicata formale

S`intende passata in giudicato (Cod. Civ. 2909) la sentenza che non e più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, nè a revocazione per i motivi dl cui ai nn. 4 e 5 dell`art. 395 (227, 338; att. 124, 129, 133).

9) LA COSTITUZIONE ALL’ART. 111 NOVELLATO DEFINISCE IL “GIUSTO PROCESSO”

“ogni processo” è “giusto” se si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo ed imparziale”.
La rilevanza del principio della “ragionevole durata” del processo è, quindi, evidente se si considera anche che è annoverato nell’ambito dell’art. 6, comma 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Quest’ultima disposizione, con particolare enfasi, rubricata Diritto ad un processo equo, stabilisce che “ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata Imparzialmente, pubblicamente e in un tempo ragionevole, da parte di un tribunale indipendente ed imparziale”.


Riepilogando: il decreto di omologa della separazione o la sentenza di divorzio consentono l’iscrizione di ipoteca giudiziale sui beni immobili dell’obbligato alla corresponsione di un assegno di mantenimento se sussiste il pericolo che egli possa sottrarsi a detti pagamenti. La valutazione circa la sussistenza del pericolo di inadempimento è lasciata esclusivamente alla discrezione del coniuge creditore. Non è necessario l’intervento del giudice per accertare l’inadempimento o il pericolo di inadempimento. Il creditore può quindi recarsi in conservatoria e, in assenza di alcuna tassazione e di alcuna comunicazione al debitore, iscrivere ipoteca giudiziale se ritiene opportuno garantire il suo credito. Il coniuge creditore può altresì definire autonomamente il valore dell’ipoteca giudiziale non essendoci alcun vincolo o determinazione di legge. L’iscrizione di ipoteca giudiziale sui beni dell’obbligato resta sì sindacabile nel merito da parte del giudice ma solamente a fatto compiuto, ovvero dopo l’avvenuta iscrizione ipotecaria cioè praticamente dopo un “processo” istruito e pronunciato su misura dal solo creditore assurto in questo caso a “giudice” unico e parziale, senza che l’obbligato, pur adempiente, abbia alcuna possibilità di difesa, anzi, senza persino un “avviso”. Il creditore ha piena discrezionalità di azione in aperta violazione del diritto costituzionalmente garantito all’art. 111 sul “giusto processo” ed eguaglianza dei diritti garantiti in sede di giudizio anche in considerazione che, l’ipoteca giudiziale iscritta sulla base di un titolo esecutivo quale una sentenza, è appunto un provvedimento che attiene alla sfera di competenza del giudice.
All’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ne consegue, per chi la sopporta, l’automatica iscrizione alla centrale del rischio finanziario con la relativa pubblicità interbancaria di “cattivo pagatore” oltre alla segnalazione sui registri nazionali delle iscrizioni pregiudizievoli. Per cancellare tale iscrizione pregiudizievole occorre una sentenza passata in giudicato: ciò significa che il debitore, questo sì, dovrà rivolgersi al giudice, quello dell’ “Ordine Costituito”, e percorrere i vari interminabili gradi di giudizio per veder riconosciute le proprie ragioni.